Giovanna Caraci

L’arancia

Tu sei un’arancia.
Non ti offenda questo linguaggio d’amore
arancia araba e solare
chiusa nel tuo segreto sapore.
Ti guardo come un animale
col cuore a fior di pelle
nascosto nel bosco dilata gli occhi.
Ti guardo, e l’idea della mia morte
ti accompagna.

[in "100 pesie d'amore", collana Oscar Narrativa, Mondadori, 1996]

Dormi

Dormi. Ti sciogli nel sonno
come un pugno di terra nell’acqua
e lasci a riva il tuo corpo
il tuo caldo nemico abbandonato.
Amore, sia la notte un varco
verso il giardino in cui la tua infanzia si fermò
quadrante su cui cadde l’estate della conoscenza
e l’autunno.
Sia la notte un varco
aperto su un volo d’uccelli che non finì
nei tuoi occhi assorti,
la voce di tua madre
gli echi infantili, i sonanti echi
del tuo primo stupore.
Sia la notte un varco che ti congiunga a me.
Dormi lontano e non sai più
del caldo corpo in cui vivi
assediato.

[in "100 pesie d'amore", collana Oscar Narrativa, Mondadori, 1996]

Il Diario

Il diario, le parole a mosaico di suoni
aperte come l’aratro la terra
il giornaliero dissodarsi della vita, mia vita,
le mie parole qui riposte
come libri da tempo letti e riposti
le mie parole, mie,
niente di questo universo che ha
suoni immensi appena percosso dalle ali
di un rapido pensiero
niente lascerò neppure a te
a te il più unito dal sangue
unito a me dalle radici, indissolubile
nel mio pazzo pensiero,
mio figlio, parola a sé
parola senza sinonimi che taglia dividendo.
Eppure questo diario, la musica a mosaico di suoni
aperta come l’aratro la terra
della mia vita,neppure a te potrò darla,
nessuno entrerà dove io ho vissuto
sospesa resterà come casa
disabitata, dove i vostri giochi,
le voci familiari,le ore
e le stagioni di vento,le grida,
inespresse, tutto sarà allineato negli scaffali
della memoria per sempre immobile
mentre tu forse, non sapendo
dove cercarmi, in qualche posto porterai dei fiori.

[V Premio Letterario Nazionale Lidense Poesia Inedita, 1997]

La tua infanzia

La tua infanzia dev’essere stata sull’uscio
seduto sulla terra la sera
col suo spazio negli occhi
che oggi hanno domande identiche
e identiche risposte.
La tua infanzia come un frutto restato
sulla cima dell’albero,
cui non ho bevuto col cuore dei tuoi giochi
di cui non vidi le brucianti stelle.
Tracce della tua infanzia perduta
sono parole morte nella tua bocca,
muffe di fiori lontani.
Il ricordo vacilla senza sostegno
e si apre un varco di giorni
che portino al cuore della cosa.
Il cuore della cosa è una foglia caduta
il cuore della cosa è una scodella vuota
il cuore della cosa era a ritroso
sulla terra dove sedevi la sera
sull’albero di cui eri un frutto orgoglioso.

FacebookMySpaceTwitterDiggDeliciousStumbleuponGoogle BookmarksRedditNewsvineTechnoratiLinkedinMixxRSS FeedPinterest

seguimi anche su facebook

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Continuando la navigazione su questo sito accetti che vengano utilizzati.